30 Dic Innovazione – Massimo Temporelli
Avrei potuto portarvi all’inizio della nostra storia quando abbiamo imparato a lavorare la selce e a governare il fuoco, ma invece l’epoca in cui vi porto è quella in cui, circa 12.000 anni fa, è stata inventata una tecnologia straordinaria: l’agricoltura.
Massimo Temporelli
Docente di “Antropologia delle società” complesse
e divulgatore scientifico
Contrariamente a quello che si pensa, l’innovazione è una questione dannatamente umana. Non è una cosa che possiamo relegare nei centri di ricerca e sviluppo o nei laboratori scientifici. L’innovazione riguarda la nostra cultura: come viviamo, come ci relazioniamo l’uno con l’altra, come creiamo o riceviamo valore dagli altri. In una sola parola, l’innovazione riguarda come siamo umani.
So per certo che se provassi a dimostrare questa tesi prendendo come esempio le moderne tecnologie dell’intelligenza artificiale, del cloud computing, della robotica e dell’Internet of Things sarebbe difficile convincervi ed è per questo che vi porto indietro nel tempo, dove altre tecnologie hanno, poi torneremo qui, nel nostro tempo con questo nuova percezione cercando di capire cosa ci sta succedendo, a noi Homo Sapiens del XXI Secolo.
Avrei potuto portarvi all’inizio della nostra storia quando abbiamo imparato a lavorare la selce e a governare il fuoco, ma invece l’epoca in cui vi porto è quella in cui, circa 12.000 anni fa, è stata inventata una tecnologia straordinaria: l’agricoltura.
Non entrerò nel dettaglio tecnico di come, nel primo laboratorio della storia, noi umani abbiamo imparato a riconoscere e a selezionare i semi, a preparare il terreno con strumenti mai visti – come rastrelli, zappe e aratri – ma piuttosto farò un ragionamento su queste tecniche, perché, in fondo, tecnologia significa proprio discorso sulla tecnica, e questo dovrebbe competere tutti noi umani.
Proviamo a immaginare cosa è successo durante la trasformazione culturale dovuta all’invenzione dell’agricoltura. Proviamo a immaginare, con un piccolo sforzo di fantasia, come deve essere stato difficile capire il proprio nipote per il nonno del primo Homo sapiens stanziale, quell’innovatore o quella innovatrice che, primo o prima nella storia, ha deciso di vivere di sola agricoltura:
“Nonno, io non vengo con voi”.
“Come non vieni con noi? Qui tra poco il cibo sarà finito, abbiamo già raccolto e cacciato tutto quello che c’era, dobbiamo spostarci…”
“Nonno, ho piantato delle piante, se sarò fortunato tra qualche mese raccoglierò i frutti della mia fatica…”
“Morirai, smettila con questi esperimenti e prepara le tue cose, tra qualche giorno partiamo… abbiamo sempre fatto così, è la nostra natura.”
Per nostra fortuna, come sappiamo, quel nipote o quella nipote e poi decine, centinaia e migliaia di umani hanno deciso di disubbidire a quel monito, rompendo con le tradizioni, scegliendo l’innovazione e puntando su quella nuova tecnologia.
Dico per fortuna perché da quella scelta sono nati i villaggi, le civiltà, la scrittura e poi la cultura, i libri, la musica e tutto quello a cui siamo più affezionati e che indichiamo come il nettare della nostra umanità…
E così, oggi come allora, scegliere la tecnologia, abbracciare l’innovazione e il cambiamento, per modificare la traiettoria del nostro cammino evolutivo (unica caratteristica costante della nostra specie), viene ancora guardato con sospetto e paura, ma come è già successo decine di volte nella nostra storia, quelli che stiamo creando saranno gli strumenti che ci aiuteranno a disegnare la nostra umanità, trasformandoci ancora una volta in qualcosa di diverso dal passato, ma che sarà il futuro della nostra umanità. Questo è l’innovazione. Una questione dannatamente umana.